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Non si può augurare a tutti la Luce

18/12/2011 - favola di una serietà "inutile" ... di Enzo Li Mandri
Non si può augurare a tutti la Luce.

“Troppa serietà ha segnato la mia vita in questi anni!” il suono era distinto, le parole troppo nitide per essere lontano chi le aveva pronunciate ma, guardandomi attorno, non scorgevo nessuno … oddio! Non è che intorno ci fosse un ambiente in grado di essere “accogliente” per chicchessia ma le parole c’erano! Le avevo sentite! Ok! Potevo essermi ingannato ma personalmente ero di altro avviso. Feci spazio al presente! Se avessi dovuto dare importanza al passato questo mi avrebbe inghiottito facilmente tanto era greve, insulsa e insignificante la realtà che mi circondava già da un po’, con una sorta di feccia, autodichiarantesi “uomo” e gravida di tubercolosi al colon egoico, che mi opprimeva cercando di annullarmi con il fetore, unica arma concessa agli ignavi di ultima generazione, ben guarniti certo di falare, ma immersa in un ambiente nel quale ogni parvenza di simbolo era stata religiosamente “uccisa” ed ogni protezione ormai pretestuosa ed inutile.
No! Largo al presente, con i suoi guasti, certo, ma pur sempre “reale”. Meglio una sordida realtà ad un sogno dorato e carico di succubi affamati.
“Troppa serietà ha segnato la mia vita in questi anni!”
La frase risuonò ancora! Se non fosse stato che il suono, assolutamente “esteriore”, sembrava invitarmi ad un ascolto avrei potuto pensare che scaturisse da me tanto la condividevo, ma non era così! Era un altro, fuori, vicino ed invisibile.
Intanto il presente, cui avevo fatto spazio, era lì, materia beige spalmata su un piano senza contorni precisi e senza che mi fosse di nessun aiuto: che ci fosse cambiava solo il mio senso di tenue sconforto in un profondo senso di nausea; nausea per l’uomo di cultura misto al desiderio morboso che la Cultura infine rimanesse privilegio di pochi allo scopo di non guastare chi, nella massa incolta, se ne facesse una ragione d’essere migliore.
Continuavo a divagare, incapace di fissare il mio sguardo sulla realtà; dal ché il non vederla! Cercavo un uomo illudendomi che ce ne fossero ancora; di fatto, da un manichino imbellettato, non potevo pretendere che scaturisse una frase così profonda: “Troppa serietà ha segnato la mia vita in questi anni!”.
Feci mente locale a quando, ragazzino, rifiutavo d’esser dozzinale con la fiducia che ciò che mi apparteneva non poteva essermi sottratto; ed ora? Questa ricerca della serietà? Della forma forbita? Del rispetto verso chi non lo merita? Peggio, non lo vuole! Perché lo costringe ad essere quello che non è e non vuole diventare? Perché? Da dove è nata? Quando è cominciata?
Tirai giù la bici dal chiodo e piansi a lungo, senza ragione … era la sera di Natale, ed ero solo e nudo tra torve cariatidi del consenso imbalsamate nel loro livore. Inforcai la bici ed andai via; non c’è strada per chi non ha amici, ma il dolore profondo è un selciato più sicuro di qualsiasi malta fredda ed incolore.
Addio miei cari, oggi il cuore si chiude a coloro che fino ad ieri ho considerato “fratelli”. In questo giorno buio non è la Luce che vi auguro! Non vorrei il vostro bene perché il suo lucore, per smorzato che sia da una coscienza impigrita e ottusa, vi accecherebbe.
S::A::V::B::, Enzo Li Mandri.
… Rulli di tamburo! Grazie!

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