24/12/2012 - se si cerca oltre la realtà ...
Buon Natale o il giorno della Favola
Picchiai forte ad un uscio di legno, sgangherato e privo di ogni segno particolare, tranne che per un triangolo senza il terzo lato, per l’esattezza il segmento di base, e con un foro ovale in mezzo, penso realizzato per servire da spioncino, e quasi contemporaneamente tuonò un vocione da dentro:
“che vuoi?”
“entrare” risposi senza esitazione, mentre da dentro veniva impartito secco l’ordine:
“entri ritualmente come ha bussato!” una spada scostò la porta ed entrai eseguendo i passi e le prese nei tre gradi, al buio, e salutai nella direzione di tre minuscole candele; la prima brillò dalle sue tre lingue, la terza saettò, la seconda si divise in due lingue che si intrecciarono come serpi in amore.
“dove sei? Non ti vedo!”
“dai il tempo ai tuoi occhi di abituarsi al buio e vedrai! Qual buon vento ti mena quassù? E quando la smetterai di salutare secondo il rito francese? Qua siamo avvezzi ad altra regola e dovresti saperlo” borbottò
Sapevo che mi avrebbe rimbrottato, ma era la mia maniera abituale di entrare in contatto:
“Ti ho portato in regalo delle arance!”
“il frutto di Kaino!” rise “siedi e lavora con Noi”
“lo sai che sono un contadino!” gli risposi, ma non mi feci certo pregare e ben presto, entrato in armonia, il flusso delle energie che gli uomini chiamano “doni di Natale” cominciò a fluire verso la Terra complice anche la mia “piccola opera”.
L’Agave ci vide uniti, alla fine della giornata, a dividere cibo e vino con amore fraterno, tra risa e sberleffi, accanto ad un fuoco scoppiettante, ricchi di calda povertà. Fu Lui ad aprire il dialogo, verso la fine della serata:
“se qui come giornalista o come scrittore?”
“un po’ l’una e un po’ l’altra veste”
“uhm, e pensi di non sapere abbastanza di Noi per dover venire fin quassù per raccogliere informazioni e notizie?”
“non so mai abbastanza, pur essendomi stato concesso di appartenere a questo Tempio e di poter lavorare col massimo dei gradi; ma non è questo il motivo della mia presenza”
sorrise inclinando il barbone: “e quale allora?”
sapevo che preferiva che fossi io a chiedere e sapevo anche il perché:
“le emozioni …”
“prima o poi anche i nodi peggiori vengono al pettine” poi sospirò, si alzò, si scrollò di dosso le briciole delle noccioline e mi guardò fisso, continuando: “domani, ai Lavori, sarai tu a tracciare una tavola di lavoro su i sentimenti e le prevedibili emozioni che essi suscitano, ne sai abbastanza da delineare un lavoro che produca i suoi frutti con la collaborazione dei Fratelli presenti; so bene quello che ti manca: è il come trasferirli! E con quanta facilità dimentichi come sia proprio la “presenza” a comunicare “l’essenza” e quale sia il valore della Veste di Gloria o Veste Luminosa”
Sapevo che mi avrebbe rigirato la domanda, ma non mi aspettavo che mi avrebbe concesso dei vantaggi con quelle due dritte, e, dato il tipo, era bene che facessi attenzione a non cadere in un facile trabocchetto.
La notte non portò consiglio ma il sonno profondo, cullato dal vento e dallo scricchiolio regolare delle assi del tetto, mi vide al mattino pieno di energie come mai lo ero stato; questo mi mise di buon umore oltre ogni aspettativa e scesi a fare colazione. Colà la colazione ha un rito strano: la si consuma in silenzio, sedendosi alternati a posti vuoti, mentre una musica vibra cristallina da nessuno strumento e strugge i cuori creando una palpabile armonia anche con chi non vedi, anche con chi non pensi. La giornata proseguì nel lavoro, tra campi e bottega, veloce, preciso, presente sempre, e la notte arrivò quando doveva arrivare; allora, solo allora, riprese il cicaleccio sulla strada del Tempio; allora e solo allora, le mani tornarono a toccarsi, stranite del contatto, ma consapevoli di essere, ancora, terra. Ai tocchi del Cerimoniere entrammo ordinati: era tutto come lo avevamo lasciato, ma era tutto diverso, come per la prima volta. Indossammo le vesti consone, cingemmo i cordoni, calammo i cappucci, ciascuno era l’altro con i suoi difetti, mentre l’altro era di noi soltanto i pregi:
“Maestro Venerabile, Fratelli Tutti, l’essere tra Voi oggi, come altre volte, muove le mie emozioni ai limiti dello spasimo febbrile, e tale è la forza che sprigiona la Nostra Unione che goderne in silenzio, corpo, anima e spirito, è l’Unica cosa che si possa immaginare; stasera non sarà però solo così! Stasera vorrò dare un corpo a tale indiscutibile Sostanza e lo farò col Vostro aiuto; mi occorre, non perché io ne abbia dubbio alcuno, ma per trasferirla al di là delle Colonne, che Ercole valicò, nel mondo nuovo, certo non come essenza ma come indiscutibile presenza” … il Sorvegliante sollevò la spada, le Luci immobili si avvicinarono alla Balaustra, un bagliore improvviso mi colpì rilanciandomi a terra, nel mio letto, sudato e sporco di sangue, colmo di indicibili sensazioni che cercavano forma, mi avvolsi in una coperta e presi a scrivere: più scrivevo più l’oppressione si allentava, nacquero favole, racconti, storie, colmi di sentimento che portarono “emozioni” a chi le leggeva, che parlavano al cuore di chi voleva ascoltarle, che aprivano nuovi orizzonti a chi voleva guardare oltre … dimenticai quella notte, mai più mi chiesi, e chiesi, di rivestire le emozioni per renderle comprensibili … non ce n’era bisogno, bastava farle parlare e nessuno avrebbe chiesto di “toccarle” per poter credere in loro … e da quel momento, in effetti, neanche io ebbi più la pretesa di dare loro una veste diversa da quella che già possedevano: la Favola.
Buon Natale Amici Cari, oggi è il giorno che la Favola rivela a tutti la sua indiscutibile Consistenza! Non ricacciamola nel Limbo dell’indifferenza ma riserviamole un posto nel nostro cuore dove è giusto che alberghi.
ELIM12
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