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due parole

14/08/2008 - Lo sport è politica?cammello e cruna; due realtà compatibili oggi per mancanza di confronto

(elim) Lo sport è politica? Non lo credo, con convinzione; ma non è politica neanche il sentimento che unisce in un abbraccio due atlete di due paesi in guerra, né è politica il mercato degli interessi privati che argina le decisioni dell’Europa di fronte alle risorse energetiche della Russia e dell’Irak, o degli industriali di fronte al costo della manodopera cinese, o dei petrolieri di fronte ad un prezzo della benzina che lievita grazie alla domanda non al costo del greggio. Allora cosa è politica? Ecco, questa, per assurdo che sia, è una domanda semplice alla quale oggi, e non soltanto per il crollo dei valori (bella scusa!) è diventato difficilissimo dare una risposta. Si potrebbe tranciare una risposta categorica, o peggio cattedratica, con la spocchia inutile ci chi pensa che tanto possa bastare, ma non è così; se esiste “smarrimento” di fronte alla identificazione di una realtà, che altrimenti sarebbe ovvia, è perché essa ha perso l’aggancio con le sue fondamenta (lungo e inutile qui elencarle) e lo ha perso perché la gente comune non le identifica più né come fondamenta della politica (e del sociale) né come realtà con le quali confrontarsi; allora forse per ricostruirne una immagine, che si ricomponga in maniera il più possibile sana e corretta nell’immaginario collettivo (che abbiamo capito tutti da Freud in poi non essere una allucinazione di massa), possono tornare utili dei confronti … come dire questo è politica, questo è sentimento, questo è mercato, questo è sport … sembra facile, ma facile non è, perché la politica oggi è stata fatta diventare la cortina fumogena di ogni traffico, la responsabile di ogni mancanza, la prostituta di ogni “regime” democratico che di democratico ha solo l’ignoranza e il suo strapotere; allora restituire il suo contorno ad ogni realtà rischia di diventare un gioco perverso e certamente inviso a chi dell’ignoranza altrui fa proprio tornaconto e di chi gestisce il potere in maniera scorretta essendo chiamato a fare mestiere di politico e politico non essendo, o non volendo e non potendo essere. Allora cominciamo con un assioma (anzi due): il politico rappresenta e cura gli interessi della comunità dalla quale è stato eletto, secondo le logiche della corrente che lo ha portato al governo, non campanilisticamente contro le logiche di coloro che non appartengono alla sua corrente, e lavora per fare crescere la coscienza della comunità tutta a beneficio del miglioramento del vivere civile (cosciente che la strada è lunga) e non ad intorpidire le coscienze per meglio carpirne la buona fede. Lo so che è facile dirlo, ma la realtà è altra; eppure bisogna avere il coraggio di credere che questo mondo (l’umanità intendo) possa evincersi dalla sua egoistica bestialità o abbiamo dato per scontata la sconfitta e ragione ai delinquenti. Per cominciare io penso basta e avanza. Alla prima obiezione che senza compromesso non si può fare rispondo subito che c’è differenza tra compromesso e tattica, tanta quanta ce n’è tra interesse privato e negoziazione dignitosa del rispetto dei diritti umani. E smettiamola di travestirci da idioti: la spada che difende i diritti può coprire crimini, dipende da come la si impugna, e certo addossare la responsabilità di scelta ad uno strumento è da idioti. Si vis pacem … e il Silvio Pellico del mito insegna come lo spargimento di sangue non sia che un pretesto! Allora chi sente di essere un “politico” faccia un passo avanti, e ci dia un’idea, una definizione, un argine, in modo da contribuire a ricostruire il corpo di Bacco fatto a pezzi dalle Menadi, non dimenticando mai che le Menadi sono lo strumento di Dio e che criticarle o bandirle significherebbe partire da subito col piede sbagliato … allora, chi gioca? Chi si gioca? Le proposte degne di decoro (e firmate con recapito telefonico come da legge) verranno pubblicate … nel bene o nel male … a presto, enzolimandri.


associazione Alessandro Tasca Filangeri di Cutò
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