il muro di carta di Enzo Li Mandriuna vecchia storia
(elim) “Ascolta” … sputò a terra il concio di bhetel e tirò su col naso, grattandosi nei pantaloni … “c’è un giardino oltre il muro di carta che non ti stupirà, non subito almeno, non prima che tu ci abbia messo piede … poi … è un’altra cosa, e sai perché?” scalciavo uno dietro l’altro i piedi penzoloni dal muro di carta guardandolo sornione: “certo che lo so!” … “ah! Dimmi allora …” saltai il muro e non fui più nulla, neanche il ricordo … almeno per me, certo per lui rimasi un’ossessione, ma non potevo farci nulla, anche se, maledetta ossessione, qualche traccia di me, in quel guazzabuglio di sensazioni e ricordi, che era rimasto del mitico Eden, purtroppo galleggiava ancora, incurante delle correnti, e dei desideri … miei? tuoi? … cercai una torcia, i minerva erano ormai inservibili, e te la puntai sul viso … “ti decidi a tirare giù ‘sta carta? Sta per spuntare il sole e siamo ancora qua …” la carta volteggiò piano in uno spazio privo di peso; era Louis Amstrong, vestito da pagliaccio, “avevi un jolly e non lo hai giocato prima? Ma chi ti ha insegnato a giocare, tua nonna?” soubrette, can can, tavoli e fumo, qualche bottiglia vuota e la nonna, a un tratto, da un pannello scurito, prese vita quanto bastava ad imbracciare un fucile e farti fuori … ed era ora! Barman … la carriola per favore, e un altro whiskey … giro pazzo e posto vuoto! Chi si siede? Tu? No … potrei chiederti ancora di passare la notte, a guardare le stelle, su, sul terrazzo, nudi … come una volta, io, tu, il serpente … fai tu le carte stasera, fratello, io sono stanco e madido di un sudore non mio …
enzo li mandri
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